Quanin con draghi Giada, collana giada uva e chiusura oro giallo e giada cabochon.

L’esempio qui presentato fa parte di uno studio condotto nell’ambito delle attività connesse al Laboratorio del falso, organizzato nell’ambito del Master “Esperti nelle attività di tutela e valutazione del patrimonio culturale” erogato dall’Università Roma Tre.

La scultura esaminata fa parte di un gruppo ben più ampio di manufatti la cui maggior parte, come quella qui trattata, si riferiscono ad un ambito estremo orientale concesso in studio dai Carabinieri del Nucleo Tutela di Ancona.

Da diversi di questi manufatti sono stati ricavati dei frammenti poi sottoposti ad analisi, effettuate nei laboratori del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, atte a comprendere la natura del materiale di cui sono composti gli oggetti. Le analisi effettuate sono state la spettroscopia Raman e infrarossa (FTIR) alle quali è stato possibile aggiungere anche la fotografia in fluorescenza UV che ha permesso di distinguere particolari disomogeneità della superficie del campione.

Il piccolo intaglio, mostrato in figura, si presenta come un lavoro tridimensionale a tutto tondo dalla composizione compatta raffigurante un elefante con cinque personaggi orientali nei quali si contano quattro figure dalle fattezze femminili e infantili e una figura dalle fattezze senili. Il riferimento all’Estremo Oriente, oltre che essere ribadito dallo stile utilizzato per la raffigurazione, viene sottolineato dalla presenza di un ideogramma posizionato sullo stendardo che una delle figure infantili mostra all’osservatore. Anche in questo caso possiamo ipotizzare la presenza di un punto di vista privilegiato per l’osservazione del manufatto in quanto le figure si trovano girate nella medesima direzione. Il materiale si mostra non eccessivamente freddo al tatto con una colorazione turchese non omogenea. Sulla superficie presenta diverse zone più scure del colore di base e presenta diverse crettature sia più chiare che più scure.

lotto 127
Incisione artigianale Viso donna in Turchese americano, prima qualità extra, naturale.

Sono, inoltre, rilevabili diverse abrasioni che mostrano un materiale di colore grigio al di sotto della superficie turchese e diversi graffi.

Il manufatto si presenta associato a una base lignea verniciata che presenta una semplice decorazione e che ha perso una parte di verniciatura rimasta fissata alla parte sottostante il manufatto.

La base lignea presenta dei solchi atti probabilmente all’alloggiamento del manufatto in modo da aumentarne la stabilità. Il campione ricavato dal prelievo è stato sottoposto a spettroscopia Raman e infrarossa. Tali analisi hanno mostrato la presenza del turchese e del polietilene confermando che la parte inorganica del manufatto sia costituita del solo turchese. Incrociando i dati risultanti dalle analisi scientifiche possiamo affermare che il materiale analizzato è sostanzialmente composto da una polvere di turchese incollata con polietilene.

Più precisamente tali analisi fanno riferimento al materiale di colore turchese visibile nella parte più superficiale del manufatto in quanto, come precedentemente accennato, la presenza di zone lesionate ci permette di vedere al di sotto della superficie un materiale grigiastro, che seppur non analizzato, sembrerebbe un materiale diverso, quindi una sorta di base successivamente ricoperta dalla polvere di turchese incollata con il polietilene.

Dall’analisi storico artistica il manufatto con elefante e personaggi orientali parrebbe inserirsi in una tipologia largamente attestata di piccoli intagli in turchese prodotti in grandi quantità in Cina in tarda epoca Qing: si tratta di statuette di ridotte dimensioni accompagnate sovente da una base in legno. La modalità con la quale è stato modellato il materiale risulta essere non particolarmente pregevole e precisa, ma tale circostanza si può ritrovare anche in altri esempi di intagli cinesi del XX secolo. Risulta quindi evidente che la composizione materica del manufatto risulta incoerente con le date cronologiche  alle quali il manufatto parrebbe riferirsi stilisticamente: la fine del XIX-inizio del XX secolo.

La tarda epoca Qing, specificatamente attorno ai secoli XIX e XX, sembra essere il riferimento storico al quale vogliono rifarsi molti dei manufatti del gruppo concesso in studio dai Carabinieri. In tale momento dell’arte cinese si assistette da un lato all’avanzamento tecnico innegabile di molte manifatture, dato da un miglioramento tecnologico progressivo sviluppato in millenni di arte dell’intaglio, e dall’altro a una manifattura di altissima qualità sommersa dalla richiesta che lasciò spazio di mercato a manifatture di minor pregio perché impossibilitata a soddisfare tutte le richieste della domanda economica innalzata in primis dal pubblico cinese e in seconda battuta dal pubblico occidentale peraltro sovente meno accorto rispetto a quello autoctono sulla qualità dei manufatti. Queste complesse vicissitudini storiche hanno determinato un’ampia produzione di manufatti non sempre connotati da una eccelsa qualità tecnica che ora si trovano commercializzati in tutto il mondo. Tale produzione risulta connotata da un ampio ventaglio di prezzi ovviamente che varia in base a diversi fattori e quindi può probabilmente attrarre diversi tipi di compratori anche non avvezzi alle dinamiche del mercato dell’arte.

Vi è quindi la possibilità che il commercio del falso guardi a questa specifica produzione storica dell’arte cinese come riferimento per il suo operato in quanto estremamente diversificata nel livello artistico, quindi più facilmente falsificabile, ed estremamente ampia nel numero di pezzi già presenti in commercio. Questo esempio dimostra quanto sia fondamentale la presenza di una certificazione di valore sia per quanto riguarda la parte storico artistica sia per quanto riguarda il materiale di cui consta il pezzo nella compravendita di beni artistici.